domenica 20 marzo 2011

Clerk - 6 Gradini

Uno, due, tre, quattro, cinque, continuando per il sei. Al sei segue il sette, e di seguito l'otto, passando per il nove, dritto fino al dieci. E poi la coppia di gemelli fratelli cugini vicini parenti, undici e dodici. La struttura delle scale, o meglio dei gradini delle scale, rispetta sempre uno stretto rapporto tra alzata e pedata: 2A+P.
O qualcosa del genere. O perlomeno questo avviene nelle abitazioni, o negli edifici normali. Qui invece, in questo ufficio, ogni cosa pare essere deformata, distorta. Come in una casa di Gaudì. Le pareti paiono essere più lunghe da un lato, e più larghe dall'altro. Niente sembra essere parallelo, ma tutto inclinato, pronto ad incrociarsi da qualche parte. Forse li sopra, oltre il sesto gradino. Tutto converge lì. Tutto conduce li.

Gradino uno.
"Buongiorno sono Gianluca Picozza ho chiesto di parlarle perché volevo"
Volevo cosa? Darle il buongiorno? Complimentarmi con Lei? No troppo formale, mai bruciarsi nei primi minuti. Forse sarebbe meglio un: "Salve" E qui ci metto un punto.
".!". Proseguendo con un: "Gianluca Picozza. Piano quinto. Io e Lei dobbiamo parlare" No. E chi sono Al Pacino. Troppo gangster. Ci vorrebbe qualcosa di sobrio. Distaccato e d'effetto.
"Buongiorno Sig. Ferraro. Gianluca Picozza, del laboratorio di analisi chimico biologiche del quinto piano". E poi? Bé, e poi qualcosa lui dirà pure, e che cazzo.

Gradino due.
"Lavoro qui da anni ormai, e mi chiedevo se per caso non potesse essere il caso magari se si avesse la compiacenza di poter". Oddio, no. Troppe "S" sembrerei un serpente che striscia e che sputa meteoriti in ogni angolo della stanza. Riavvolgiamo.
"Lei sa Lei che io lavoro qui da tanto?". Domanda. Secca e decisa. E se lui dice No. Io gli dico. Cosa gli dico. "Si, è vero". E se mi dice "Ah si". Gli dico "Mi fa piacere". Ma magari è ironico. E ci faccio una figura di merda. Quindi. No, aboliamo la domanda. Troppo complesso. "Lavoro qui da 35 anni da ancora prima che lei arrivasse. Nascesse". Si e magari ci aggiungo: Ed io in realtà sono tuo padre. No, no cosi non va. Sintetico, efficace, deciso e distaccato.
"Servo questa azienda con devozione da più di 30 anni". Cosi penso possa andare.

Gradino tre.
"Sono qui per parlarle". No, non voglio parlare. "Sono qui per dirle". No, non devo dirgli niente. "Sono qui per chiederle". Non chiedere mai, non chiedere mai. Lui gioca in casa, nel suo ufficio, nella sua poltrona, e chiedere quando giochi fuori casa sai cosa vuol dire? He, risponditi, sai cosa vuol dire? Che lui può tranquillamente dire No e continuare a masturbarsi sull'ultima puntata di Will & Grace. Ecco cosa vuol dire.
"Signor Luca". Ma no. Non gli darò questa soddisfazione. Non la merita. E soprattutto non lo merito io. "Hey Signor Luca, cosa fa". Questi gradini sono di uno sporco pauroso. Quanto costerà una scopa? Due, tre euro. Che schifo. Mi ci si incollano i piedi. "Mha, mi faccia sapere se non si sente bene. Devo scappare. Arrivederci".
Quindi, quindi, quindi, come porgli la domanda. Avrei dovuto leggere qualche libro, o qualche blog, almeno qualche forum a riguardo, non si può andare così sprovvisti a porre certe domande al proprio capo. Non si può, non si fa. Non è lecito. Non è umano. Come, diamine che mi fulminino, non sono umane quelle gambe. Geolocalizzate tra il quinto ed il sesto gradino, bianche come due stecche di cioccolato bianco, che vengono fuori da un tailleur striminzito blu. Una giacca con spacco centrale, che si apre e le cade elegantemente sui fianchi. Capelli raccolti e ingelatinati, e polpacci che si contraggono ad ogni gradino. Che donna quella Angela. Avessi trent'anni di meno. Però un saluto poteva anche farmelo. Dha, nuove generazioni d'oggi, sempre di fretta, a non salutare un povero vecchio.

Gradino quattro. Dove ero rimasto? Ah si, Gianluca Picozza. Volevo parlarle di un aumento. Il mio per la precisione.

Gradino cinque. A meno uno dalla vetta tutto sembra diverso. Prende altre sfumature, altri contorni. Tutto cambia. E quello fatto e detto fino ad ora viene rimesso in discussione. Andare dal Capo. Il Boss. Il big big Boss come dicono i giovani, per chiedergli un aumento. Alla mia età, penso di averne il diritto. Penso di essermelo guadagnato. Non avrò più dei muscoli tonici, ma la mente, quella di che ce l'ho ancora attiva. Finisco un Sudoku in dieci minuti, che non è uno scherzo. Ho sempre saputo le tabelline a memoria, le date di nascita dei miei nipoti. Ho un memoria da elefante. Io. E non questi nuovi pinguini, dagli occhiali palmati e la pelle abbronzata profumata di oli. Allora dove ero rimasto "Buongiorno, Gianluca Picozza".

Gradino sei. E ci siamo. Qui e adesso. Il momento della verità. Io contro di lui. Il più forte la spunterà. Rimarrà in piedi. Calmo e deciso. Alla mia età sono poche le cose che possono spaventarmi. Segretaria a ore otto. Virare a sinistra. Scrivania in avvicinamento. E pronti allo sgancio tra, tre, due, uno.
"Buongiorno, volevo sapere se era possible parlare con il Signor Ferraro".
Occhiali neri, tailleur grigio topo, con camicetta sbottonata inavvertitamente più del dovuto, penna in mano ed occhi allo schermo del suo pc. Ruota lentamente come uno struzzo che non trova più il suo uovo sotto le sue gambe e dice:
"Impossibile, il Signor Ferraro è in vacanza e non tornerà prima di lunedì. Arrivederci."

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