mercoledì 30 giugno 2010

La foto - Parte seconda

"...darling you got to let me know.Should I stay or should I go? If you say that you are mine, I’ll be here ’til the end of time..."
La musica riempiva la stanza proveniente dal piccolo impianto radio posizionato sotto la finestra. La camera era buia, e solo una luce fioca di una vecchia lampada da tavolo riempiva la stanza con due ombre lunghe e lente.
"Ma mi spieghi perchè dobbiamo ascoltarla ogni volta?"
"Non so. Mi mette carica, ascolta ascolta adoro questo passaggio...You’re happy when I’m on my knees One day is fine, next day is black Should I stay or should I go?...Fantastica!"
Gaetano, detto Tano, sorseggiava un pò del suo vino rosso, mentre del fumo si allontanava rapido dalla sua sigaretta ormai quasi finita per metà. Osservava Pippo trasportato dalla musica, che chiudeva gli occhi e nel suo maccheronico inglese cantava e muoveva la testa, come trasportato da uno spirito divino. Pippo prese due delle penne della scrivania intorno alla quale erano seduti e inizio a simulare il suono di una batteria. I capelli gli caddero in volto e come indiavolato picchiava piatti, tamburi e casse immaginarie.
"Should I stay or should I go now? Should I stay or should I go now?..."
"Pippo senti..."Tano ci provò una prima volta, ma il batterista non lo sentì.
Continuava a cantara squarciagola, ed a picchiare su di una batteria invisibile.
"If I go there will be trouble, an’ if I stay it will be double so come on and let me know!..."
"Pippo.."Secondo tentativo inutile. Pippo era nel suo mondo. E quando Pippo era nel suo mondo, niente piu esisteva tutto intorno. Tutto diventava un immenso alone di fumo bianco che lo avvolgeva, ma lui non pareva accorgersene. Suonava e cantava. Tano pareva stesse per perdere la pazienza. E infatti la perse.
"Pippo, pippo, pippo...."Pippo non gli rispose ancora una volta e Tano urlò forte, ma così forte che la casa intera parve assorbire e riflettere l'urlo. Scaraventò il bicchiere sul pavimento vicino all'angolo della stanza. Piccole gocce di vino venivano via spargendosi sul tavolo e sulla camicia a quadri di pippo. Il bicchiere esplose per terra con uno schianto e si sparse in decine e decine di pezzi per tutto il pavimento. Tano spense la sigaretta
"Hai finito?" Gli chiese con quel suo tono un pò dalla periferia di Palermo, accentando lel tronche e trascinando le ultime vocali.
"Ma Tano io stavo solo cantando. Sono i Clash dai! Lo sai che quando io ascolto i Clash do di matto".Pippo aveva quel sorriso un pò da ebete che si ha sulla bocca quando si cerca di essere convincenti ma in realtà si sa che convincenti non si è.
"Pippo, hai finito?"Tano lo fissava con aria seria in attesa di una risposta. L'altro lo guardava con aria perplessa e dubbiosa. Smarrita. E poi disse:"Si Tano. Ho finito." E cosi dicendo spense la radio che nel frattempo era arrivata alla strofa finale.
"Bene continuamo con sta roba. Non vedo l'ora di togliermela davanti agli occhi. Sono stanco di questa storia. Dove eravamo rimasti?"
"Controllavamo la mappa e cronometravamo" disse Pippo, ormai ritornato in se mentre frugava tra il mare di carte sulla scrivania per trovare qualcosa.
"Perfetto, la statale dista esattamente dodici minuti dal punto in cui ci troveremo. A quell'ora non ci dovrebbe essere traffico, e se fosse, avremmo comunque l'alternativa di..."
In quel momento nella penombra della stanza la porta cigolò ed un ombra entrò lentamente. Pippo e Tano si bloccarono. Pippo probabilmente ebbe il sanggue che gli si congelò nelle vene. Tano diede l'ennesima boccata alla sigaretta e sorrise.
Un omino di poco più di un metro avvolto in un pigiama blu con orsetti e cuori gli si avvicinò.
"Che cosa state facendo?" disse con quella sua voce che sembrava provenisse da un libro di fiabe.
Pippo nascose le carte in fretta e Tano gli tese le braccia.
"Vieni qua Antonio in braccio a papà" gli disse.
Antonio gli scivolò vicino trascinandosi il cuscino per tutta la stanza.
"Papà e zio stanno lavorando e tu dovresti essere già a letto giovanotto"
"Come faccio a dormire se sento lo zio Pippo dalla stanza"
Tano lo guardo e mentre accarezzava i capelli del bambino gli disse muovendo solo le labbra io-ti-ammazzo.
"Hai ragione piccolo mio. Hai ragione. Su torna a letto" e così dicendo lo prese in braccio e gli fece fare un giravolta in aria stringendolo dai fianchi. Antonio iniziò ad urlare divertito.
"Papà, il solletico papaà. Il solletico". Pippo rise, e Tano andò nell'altra stanza con il bambino in braccio.
Dopo qualche minuto tornò e guardando l'orologio disse: "Sono le due e mezza. Abbiamo un'ora". E così ripresere a misurare, conteggiare e cronometrare.
Ore tre e quindici. Pippo e Tano spengono la luce e si dirigono verso la macchina parcheggiata nel cortile. Accendono il motore e senza illuminare la strada, nel buio della notte si allontanano dalla cascina.
Nessuno dei due però si era accorto che uno volta tornato a letto, Antonio si era risvegliato e, sentito che i due erano in procinto di uscire, aveva aperto la macchina e infilandosi nel retro tra vari borsoni aveva chiuso il portello sopra di se.
Tano e Pippo si dirigevano in centro città, Antonio era chiuso a loro insaputa nel portabagli della macchina.

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