Quattro persone.
Inutile lumaca. Sapevo non avrei dovuto prenderla. Nell’immensa varietà della fauna offerta dall’ecosistema naturale della periferia cittadina, doveva capitarmene una con il guscio scritto di verde, un’antenna monca ed una spiccata propensione per fallimentari voli intercontinentali.
Due metri per quattro di cartina geografica, velocità di avanzamento un centimetro al secondo e dove va a finire? Bora Bora. Riguardo gli schermi da lontano:
"FLIGHT AC2378 BORA BORA - DELETED".
Inspiro. Espiro. E mi guardo intorno.
“Ma come è possibile annullato? Avevo un’intera settimana di vacanza prenotata ed ora mi sa dire lei come diamine faccio? I miei bambini, la tata pagata, l’albergo…ma che diavolo di compagnia aerea siete?”
Una ragazza con dei lunghi capelli neri e degli enormi anelli verdi infilati nelle dita, sta sbraitando contro lo schermo di plexiglass. Sbatte ferocemente il pugno sul banco. Una scheggia d’anello vola via, ma lei non pare accorgersene.
Dall’altro lato, una distinta signora sulla cinquantina siede su di uno sgabello girevole. Mentre fa roteare il suo piede, con indosso un tacco dodici scarpa nera falso camoscio, mostra un finto interesse per uno schermo con i voli in partenza della compagnia porgendo l’orecchio verso la ragazza.
“Mi spiace” le dice. “Però offriamo delle alternative a questo inconveniente. La nostra compagnia offre tratte per Caraibi, Santo Domingo, Egitto e…”
“Santo Domingo? Io ho pagato per andare Bora Bora. Cosa diamine ci vado a fare a Santo Domingo…”. E così via. Penso che quelle macchie sul vetro, siano in parte suoi residui salivari. Urla. Bestemmia. E così ancora per un po’. Dopo cinque minuti buoni raccoglie la sua borsa in vera pelle di coccodrillo africano, cucita in india e venduta in uno dei migliori negozi del suo centro città e va via ancora sbraitando.
Tre persone.
“Quella ragazza ha ragione, fa benissimo a lamentarsi. Lei non crede?”.
Mi volto. Basso, nuca lucente con folti rigonfiamenti laterali, un uomo mi cerca per un contatto umano. Colloquiale.
Penso.
Quella ragazza, a giudicare dallo doppia strato fondotinta, la pelle artificialmente abbronzata in qualche centro di bellezza ed un marito in lavoro nella Parigi nord, se cercava un amante, l’avrebbe trovato tanto a Bora Bora, quanto in Spagna, quanto al portone di fianco al suo.
Dico.
“Si, credo proprio di si”.
“Anche lei sul volo per Bora Bora?”. L’uomo mi guarda attento dal basso del suo metro e sessanta, attendendo una qualche interessante risposta.
Penso.
Se non mi avessero cancellato questo volo, di certo non sarei in coda allo sportello di questa compagnia aerea. Questa gente ha appena visto le sue vacanze progettate così a lungo andare in fumo in un attimo. Quando i biglietti erano già stati prenotati. La valigia ben compressa. Cinquantacinque per quaranta per trenta. Peso massimo quindici chili. Tutto era svanito. Riportati alla triste realtà. Famiglia, bambini, lavoro, bollette. Io una casa non l’avevo nemmeno più.
Dico.
“Si, purtroppo. Proprio irraggiungibili queste mete esotiche eh!”. Sorriso di circostanza, testa inclinata e affettuosa pacca sulla spalla. “E lei?”
Due persone.
“Si anche io. Mia figlia vive li da qualche anno. Due mesi per programmare il viaggio, mezza mattinata per distruggerlo. Curiosa la vita non crede? Aspetterò che riattivino la tratta aerea. Al massimo partirò la settimana prossima. E lei invece, adesso dove pensa di andare?
Penso.
Dove penso di andare? Preso dalla corsa del taxi, pensando all’incidente ero scivolato un questa coda reclami per inerzia. Ma quest’uomo ha ragione. Dove penso di andare ora? Potrei uscire dall’aeroporto, trovare magari una tartaruga stavolta, comprare un’altra cartina geografica e forse..
Dico.
“Ecco, io semplicemente…non lo so!”
Una persona.
“Ma si, lei è così giovane. Offrono tante mete alternative. Alla sua età sapesse quanto ho girovagato. Sono stato in Tailandia per ben tre mesi, eravamo io ed un mio amico, purtroppo ora è venuto a mancare, ma quando partimmo c’era una voglia tale di…
Pausa. Quest’uomo parla. Lascio che il mio corpo risponda come deve. Sorrisi, Sguardi allungati. Occhi interessati. Io volo via con la testa. Addio Bora Bora. Volevo partire oggi, e oggi partirò. In fin dei conti per abbandonare tutto, un posto vale l’altro. Aeroporto internazionale. Potenziale inespresso. La possibilità di sedersi su di un aereo e ritrovarsi dall’altro capo del mondo. Nuova vita, nuova gente, nuova lingua, nuovo…
“… quindi è così ci siamo ritrovati senza un soldo”. L’uomo a finito la sua storia. Io faccio un passo in avanti.
Nessun altro davanti a me.
“Buongiorno signore. Mi dica pure.”
“Hemmm salve...io ecco…insomma ero sul volo, cioè sarei dovuto essere sul volo per Bora Bora però, bè lo sa vero, è stato soppresso, quindi…”
“Esattamente. Mi spiace signore però offriamo delle alternative a questo inconveniente. La nostra compagnia offre tratte per Caraibi, Santo Domingo, Egitto…”
La signora ripete la solita litania, con le giuste pause, accentando e dando la giusta enfasi dove più opportuno. Io mi guardo intorno. Leggo gli schermi pieni.
MF342 Paris ON TIME
GF249 Madrid ON TIME
HJ112 Edinburgh DELAY
RE349 New York ON TIME
AS407 Dubai DELAY
“Allora signore, gradisce un rimborso completo, aspettare che la rotta venga riaperta oppure sceglie un’altra destinazione. In ogni caso la compagnia è spiacente di…”
“Dubai”. Non so perché ho detto Dubai. La luce del tabellone era un po’ più fioca. Diversa dalle altre. Sembrava, più interessante. Magari un segno. Magari un led da cambiare. “Dubai” ripeto convinto.
“Mi scusi, prego?”
“Parto per Dubai. E’ in ritardo vero? Non ci saranno problemi ad imbarcarmi subito. Quindi prendo il volo per Dubai. Ho deciso”
“Mi lasci controllare” la signora in tailleur blu dietro lo schermo di plexiglass clicca su qualche pagina, scorre qualche barra e mi dice “Abbiamo ancora due posti disponibili. Le prenoto subito il biglietto”.
Biglietto per Dubai in tasca. Maglietta sudata. Valigia trascinata dietro. Sguardo fiero. E una gran voglia di urinare. Passo la lunga fila del controllo metal detector.
Scarpe. Cinta. Cappello. Monete. Portafogli. Cellulare.
Niente da dichiarare. Documento. Controllo. Sguardo all’uomo della dogana. Lui mi guarda. Io lo guardo. E non ho la più pallida idea di cosa abbia in testa.
Profumi francesi a basso costo. Birra in boccale in offerta. Stecche di sigarette. Bottiglie di champagne. Ecco il favoloso mondo dei gate.
Mi chiedo se per caso abbiano un bagno e infatti lo trovo.
Porta grigio topo, odore di disinfettanti.
Un uomo è seduto sui lavandini che legge un giornale fissando una porta chiusa. Un ragazzo esce dalla toilette accanto con uno sguardo un po’ sconvolto. Si gratta il naso e si specchia.
“Ma suo figlio non è ancora uscito?” Dice mentre si guarda allo specchio e cerca di sistemarsi i capelli.
“Ho quella grossa!” urla una voce dall’interno del bagno.
Il ragazzo mi guarda rapido e poi torna alle sue piccole rughe.
Non ho bisogno di un cesso intero, penso. Sono un uomo. Se c’è una cosa che le donne ignorano è il la sfilza di vespasiani che primeggia in un bagno maschile.
Vedo una tonaca. E’ un uomo concentrato a fissare il muro. Frate. Prete. Monaco. O qualcosa del genere. Non sono mai riuscito a delinearne il profilo.
“Sa padre, mi sono sempre chiesto come facciate a farla in piedi. Con tutta la tonaca intendo. Deve essere bello che difficile ah!”. D’accordo lo ammetto, l’esser contento per aver trovato di nuovo il biglietto aereo mi mette una strana ilarità. Una stupida ilarità.
L’uomo ruota lentamente il capo dal muro verso di me. Inclina il capo mentre continua a mantenere le due mani tese in mezzo alle gambe. Io faccio altrettanto, cercando nel mezzo dei pantaloni quello che vorrei trovare.
“E’ una cosa che chiede a tutti, o sono io uno dei pochi fortunati che incontra?”. Freddo. Gelido. Distaccato. Pensavo gli uomini di sacerdozio fossero per l’amore eterno. La pace nel mondo. E soprattutto le conversazioni in bagno.
“Bè sa, non mi capita spesso di conoscere un padre in bagno. Così davanti ad un vespasiano.”
“Mi scusi allora se non le stringo la mano. Sa com’è…”
Così si da una scrollatina. Riabbassa la tonaca ed esce.
Penso.
Però che umorismo questi uomini di chiesa.
Dico
“Porca puttana”.
Pensando a voce alta, ho iniziato ad urinarmi sui pantaloni.
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