- Bentornata signora Fortunato, finalmente ci rincontriamo.
- Signor Rossi…io…io non capsico…
- Alice, facciamo che tu stai zitta e rispondi solo quando interrogata…
Le donne. Non ho mai imparato a trattare con loro, men che meno a conoscerle. Posso però dire di sapere come si comportano, di prevedere le loro mosse. Alice, mi è sempre piaciuta questa ragazza. Piacere platonico s’intende, di sessuale pensando ad una donna mi viene in mente solo mia moglie sudata e ansimante durante le ore di yoga pagate da me. Come per me, non ci hanno messo molto a convincerla. La proposta giusta al momento giusto. Se non ricordo male, una decina di anni fa fu avvicinata proprio mentre usciva da una specie di ciclo mistico. Fu avvicinata in università dopo una seduta dallo psicologo che l’aveva in cura per depressione. Causata da che? Amore ovvio, o abbandono d’amore, se vogliamo lo stesso. Le donne s’innamorano tanto profondamente quanto tanto velocemente riescono a scordarsene. A meno che non siano abbandonate prima che lo facciano loro. Visione pessimistica lo so, ma non ci ho mai creduto all’amore per tutta la vita. L’affetto sì, ma l’amore no. L’amore si nutre di attese, di conquiste, di scoperta e di abbandono appunto. L’abbandono fa parte dell’amore, è solo un fatto di tempismo.
Fu messa a fare l’insegnante come copertura, sia perché dal suo profilo si capiva che l’avrebbe fatto al meglio senza suscitar sospetti, sia perché al tempo s’indagava su una putrida storia di abusi su minori della Firenze bene. Fino a quando non scattò l’occasione per il salto di qualità, e l’occasione fu quando serviva qualcuno che avvicinasse il rampollo della malavita, Nicola, circa quattro anni fa. Solo che un cocainomane trafficante ti mente, ti fa sentire abbandonata. Un cocainomane ti fa innamorare.
- Che ci hai combinato Alice? Hai fatto insospettire Nicola all’aeroporto…lo stavi quasi convincendo a non partire con la stupida storia della gravidanza…
- Ma…ma…io ero davvero incinta!
Guardai con la faccia finta sommessa il detective Marino, non ci piace mai mostrare i nostri metodi a “estranei”.
- Avevi già abortito, Alice…
Stavo giusto cercando qualche bestialità da dire per suscitare qualche lacrima che affogasse sul nascere qualsiasi tipo di rabbia, anche personalità fragili di cui meschinamente ci serviamo sono capaci d’incontrollabili attacchi d’ira, quando inizio a pensare che lo stesso hanno fatto con me in ripetute occasioni. Non devo pensare, devo solo eseguire…
- Capo, è arrivato.
- Fallo entrare.
Carlo, personalità strana. No, lui non è un infiltrato. Lui è il socio di quel truffatore a cui Mayer aveva affidato il chip. Classico nerd universitario cui verso i trent’anni è stato offerto quel po’ di peperoncino che dà aroma ad un’esistenza. Anche per lui, la proposta giusta al momento giusto. Lo chiamerò Carlo, fingerò di non sapere neanche il suo cognome per convincerlo che non lo vogliamo accusare di nulla. Solo che è in gamba come hacker questo Carlo. Lui intercettava tutti e noi intercettavamo lui. Non capiamo chi fosse questo fantomatico “gatto nero” di cui parlavano durante le ultime chiamate. La storia è complicata e l’esperienza ci ha insegnato che spesso sono piccoli, insignificanti dettagli a fare la differenza. Basta una pressione un po’ più forte ad una tessera che l’effetto finale accuratamente preparato prende impreviste direzioni. Maledetto effetto domino.
- Signor Carlo, non si faccia prendere dall’ansia. Un attimo e saremo da lei…
- Ma io agente non so nulla…lo giuro…non so nulla agente…maledetto a me…lo dicevo di non chiamarmi per nome…maledetto a me…
La situazione inizia a farsi stramba, quasi paradossale, poco professionale. Ho davanti a me questo tipo grassoccio in preda ad una crisi d’ansia che ho paura diventi d’asma. Più in là quella cara ragazza che per l’ennesima volta vede sbriciolarsi le sue pallide certezze dando nuova linfa alle esistenziali incertezze. Lì nell’angolo il detective Marino, persona scaltra, quasi inebetito dalle rivelazioni delle ultime ore che lo stanno facendo sentire un rimbecillito. Tutt’attorno ingegneri, agenti tedeschi e francesi che ancora discutono sui perché tecnici, come se il come fosse più importante del perché. E qui io, che devo chiedere senza pensare, agire senza decidere, parlare senza rivelare. Maledetto aitante insegnate di yoga.
- Good evening, Mr. Rossi?
Me l’avevano detto che l’odore di tabacco lo anticipava. Joseph Matrilenko. Origini russe, cittadinanza statunitense. Si è costruito la sua carriera e soprattutto la sua fama durante gli anni della guerra fredda, forse proprio a causa delle sue origini. Oltre a svariate leggende, di lui non si sa età, stato civile, residenza, nulla. Ma non ha mai bisogno di esibire documenti. Le gerarchie nella CIA non sono mai ben chiare, ma di sicuro nessuno si permetterebbe mai di chiedergli di qualificarsi. Con il suo simpatico italiano con accento americano chiede di far uscire tutti. Ovviamente é un ordine a cui nessuno può obiettare. Si siede sempre con la sua lucky fra l’indice e il medio ormai ingialliti della mano sinistra, mentre con gli omologhi della destra inizia a comporre un nevrotico motivetto sul piano del tavolo. Dal piano Marshall in poi i servizi segreti americani fanno il buono e cattivo tempo in Europa e nel mondo. Giusto o sbagliato che sia non sta a me dirlo, so che è così. Per qualsiasi crisi hanno loro la prima ed ultima parola, sono loro a sapere sempre qualcosa in più, sempre loro ad essere con una mossa di vantaggio. Nei miei sogni qualche volta compaiono una decina di oscuri figuri attorno ad un tavolo che come un risiko giocano con i nostri destini. Lo sognavo da bambino, ho ricominciato a farlo adesso da quasi vecchio. Bene, se ci fossero davvero questi uomini, Matrilenko sarebbe il loro primo consigliere e il loro braccio armato. Troppo esperto per non essere sentito, troppo avido di azione da starsene seduto a quel tavolo.
- Sta facendo un buon lavoro Mr. Rossi. Mi dica cosa ha scoperto che poi io le darò gli elementi che le mancano…
Mi sento come un bambino che consegna la prima paginetta di “a” alla maestra dell’asilo. Come un adolescente alla prima interrogazione alla cattedra. Come un universitario al primo esame. Come al primo colloquio di lavoro. Un novello. Mentre lo vedo accendere una sigaretta dopo l’altra, con le gambe accavallate, il motivetto incessante e quello sguardo che solo ad intervalli mi scruta, senza interruzioni inizio a parlargli della storia del volo AS407. La mia storia, la mia parte di storia. Di Alice e del suo ruolo d’infiltrata per controllare gli affari di Mayer. Del truffatore e di Carlo da tempo sotto controllo. Delle indagini inutili sugli altri passeggeri italiani, compreso il porta-sfortuna malato terminale. Delle interferenze degli inglesi e della morte di Charles. Di Jhon Liedeberg, del ritardo e dell’incidente del taxi. Nessuna smorfia sul suo volto, né di stupore né di comprensione né di pena.
- Ottimo lavoro Mr. Rossi. Le posso dire che Charles iniziava a fare un po’ troppi movimenti autonomi. Le posso dire che l’autista del taxi è un nostro agente, volevamo Mayer ma non volevamo scalpore per il suo arresto. Le posso dire che John lo abbiamo già rintracciato, fatto e ingenuo come sempre. Le posso dire che il ritardo alla partenza l’abbiamo creato noi, che le tracce chimiche erano del nostro esplosivo. Le posso…
- Ma allora…ma allora…siete stati voi, siamo stati noi…cioè…
- Non m’interrompa Mr. Rossi. Le posso dire tutto questo e spiegarle tutti i perché; ma poi lei non avrebbe il gusto di scoprirlo, di intuirlo, vero Mr. Rossi? Le piace pensare, non è vero Mr. Rossi?
- Ma…ma…
- Domande retoriche Mr. Rossi, domande retoriche, lo so che è così. Pensi, ma non si fermi alla risposta più ovvia…
Senza scomporsi di un millimetro fa segno di uscire con la mano della sigaretta. Ovviamente era un ordine. Ancora stordito incrocio un altro agente della CIA sull’uscio, mi faccio fare strada e condurre verso le macchine dove intravedo gli altri già a bordo.
- Joseph, why? Perché gli hai detto tutte quelle cose?
- Michel, ogni condannato ha diritto ad un ultimo desiderio, non abbiamo imparato questo nel golfo? E poi Mr. Rossi mi sta simpatico, nice…
- And so?
- Come previsto Michel, come previsto. Fate sparire i corpi, nessuno ne sentirà la mancanza. Mi raccomando, fate sembrare un incidente d’auto solo la maestrina e il detective, mi raccomando.
- Okey.
Mr. Rossi, simpatico. Sapevano troppo, tutti. Ogni guerra ha le sue vittime e la vita è una guerra continua. Avevamo piazzato l’esplosivo sì, ma alla fine il fottuto saudita aveva capito, aveva firmato. Nessuno ha schiacciato quel bottone, non sono stato io e quindi nessuno l’ha fatto. Fuck. Adesso abbiamo 233 civili e una manciata di buoni agenti morti, qualche altra decina che lo saranno presto per la ritorsione di quei fottuti islamici. E tutto per nulla. E soprattutto tutto senza che l’abbia deciso io. Fuck.
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