Amsterdam.
Cosa io ci possa fare alle 1.30 di notte alla periferia di Amsterdam, non ne ho idea. Cosa ci possa fare solo in mezzo ad edifici industriali con solo qualche autobus che passa silenzioso a luci spente rientrando in deposito, cerco di non farmelo passare per la testa. Atterrato ad amsterdam poche ore prima, passato dal centro, dal famoso museo di Van Gogh ora mi ritrovo dalle parti di Haarlem. Solo ad una fermata di autobus. Io. E la mia valigia.
Inizio a pensare alle bizzarre coincidenze della vita. Buffe e ridicole. Isteriche a tratti. Ma ogni cosa che si consuma in un lieto fine non può condurre a isteria per definizione.
Quello che ho chiaro dopo stasera è che di certo l'insonnia forzata può generare nella maggior parte dei casi:
A - Narcolessia progressiva
B - Calo e riduzione di attenzione e concentrazione
Io, che mi ritengo una persona fortunata, riesco a cogliere insieme entrambi i punti A e B unendoli nel più mistico punto C. Meglio conosciuto come, rincoglionimento più totale. E' cosi che si sceglie di dormire un'ora a notte per dare uno strascicato arrivederci alla terra natia. E' cosi che si sceglie di vivere per dieci ore in aeroporto aspettando una coincidenza in ritardo. La vita, e la successione di eventi che ne consegue, è fondamentalmente pazza, caotica, ma quello che ci si diverte a pensare è che in fin dei conti un ordine in realtà ci sia. Non una specie di ordine divino, ma un solo semplice ordine delle cose. Che non è stocastica, ne probabilistica, ne statistica. Solo un ordine.
Fumo la sigaretta con un gusto particolare. Sorrido, sorrido ma nessuno mi vede sorridere, perché in fin dei conti alla periferia di Amsterdam di un freddo sabato sera di inizio estate, non c'è assolutamente nessuno. Ma io sono li. Olandese da qualche ora. E proprio mentre osservo l'orario degli autobus, mentre un ennesimo tiro di sigaretta spinge giù del fumo che forse tra degli si tramuterà in malattia, in quel momento qualcuno mi viene alle spalle e spinge le sue ginocchia contro le mie.
Penso a quand'ero bambino, o al classico scherzo del cazzo da fare con gli amici, a come faccia piegare violentemente le ginocchia e far scaturire qualche stridula stupida risata. Buffetto. Sorriso. Cazzata. Ma poi penso, che in realtà non ho poi cosi tanti amici ad amsterdam, e soprattutto non ne ho nella periferia, ma ancor piu non ne ho essendo atterrato da qualche ora.
Cosi mi giro. E c'è lui. Il mio autista preferito. Lui di origini cilene, con la sua pancia spropositata, il suo baffo lungo ed il suo pizzetto ancora più lungo. Lui che in fin dei conti è stato quello che mi ha condotto si qui stasera. Io e lui nel bus a luci spente perché in realtà il bus non era più in servizio. Lui che mi ha scorrazzato per Amsterdam in piena notte dimentico del suo turno. Quella che fino a pochi minuti fa era il mio autista olandese-cinese preferito, ora è un uomo che ha terminato di lavorare e torna a casa dalla sua famiglia. Gli stringo la mano con forza e lo abbraccio.
"Grazie" gli dico a bassa voce.
Lui mi guarda sorridendo. Mi dice di legarmi quello che ho ai piedi e ai polsi cosi da averlo sempre accanto. Poi prende il primo autobus e se ne va.
Lo guardo, mi accendo un'altra sigaretta e penso che questa città mi ha già tirato un brutto scherzo, e alla fine mi costringerà ad innamorarmi di lei.
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